Chirurgia Laser e tradizionale

La Chirurgia classica delle varici viene eseguita in anestesia spinale, la quale dà una copertura anestetica di 2-3 ore. Si potrebbe eseguire, in alternativa, una anestesia loco-regionale, a carico del n. femorale e dello sciatico, ma l’effetto è molto più prolungato nel tempo e non sempre ciò è in accordo con la dimissione precoce. L’intervento consiste in una incisione di qualche cm all’inguine, attraverso la quale si reperta la vena safena e le sue collaterali. Una volta sezionate tutte le collaterali tra legature, si passa ad interrompere la safena stessa, di cui si lega il moncone prossimale e si tiene il distale, da cui vi sarà la fuoriuscita della sonda per lo stripping. Il campo operatorio viene, quindi, spostato al malleolo interno della caviglia, da dove nasce la safena interna: incisa la cute, preparata la safena, la si incannula per tutta la sua lunghezza, fino a farla fuoriuscire all’inguine. Si innesta una testina sulla porzione terminale alta della sonda, si solidarizza la vena con una legatura e si tira in direzione cranio-caudale facendo fuoriuscire la safena dalla incisione distale. Se la safena interna distale, ovverosia al di sotto del ginocchio, non è interessata, si potrebbe eseguire uno stripping corto, ovvero la safena interna viene asportata solo nella sua porzione medio-alta. La chirurgia laser delle varici trova la sua migliore applicazione nei casi in cui sarebbe indicato, con il vecchio metodo, lo stripping corto, ma è comunque utilizzabile in tutti i casi in cui la safena interna sia rettilinea, ovvero incannulabile. Tale studio di fattibilità precede ogni intervento e la guida ecografica segue passo passo durante ogni procedura. La tecnica di esecuzione è molto semplice e per nulla traumatica. Da una piccola incisione laddove si sia deciso di iniziare il trattamento ( sopra o sotto il ginocchio ), si isola la safena interna e la si incannula fino alla giunzione. Si procede, quindi, con la tumescenza anestetica: tecnica, questa, che riduce il calibro del vaso ( per compressione esterna ), nel contempo protegge i tessuti limitrofi dall’azione termica del laser ed ovviamente è con questo solo approccio anestetico che si compirà l’intervento. Posizionata la sonda endolaser, sempre sotto controllo ecografico, si erogherà quella dose di energia ( joule )in relazione al calibro del vaso. All’arto verrà applicata una elastocompressione da portare per circa un mese e dopo qualche ora il paziente può tornarsene a casa. Le nostre complicanze legate a questa tecnica sono veramente poche ed in genere veloci:

Dolore: soprattutto riferito come senso di tensione o bruciore lungo l’asse safenico. Nei casi peggiori è persistito per circa 15gg.

Ecchimosi:
è frequente in relazione al dosaggio di energia impiegata e relativo spessore della parete venosa. Non si è mai giunti a veri ematomi.

Parestesie:
raramente e transitorie lungo il decorso del n. safeno distale. Non si sono mai avute nel territorio della piccola safena, in teoria a più alto rischio. In conclusione, come chirurgo, debbo dire che l’avvento di queste nuove tecnologie da un lato, insieme alla attenta diagnostica vascolare, dall’altro, hanno modificato la mia impostazione globale nei confronti del problema delle varici degli arti inferiori. Attualmente l’intervento è molto più mirato e pertanto meno aggressivo, meglio tollerato e quindi con una più veloce ripresa delle capacità lavorative.